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  “Non si sa dove si va se non si sa da dove si viene” dice Susan Buirge, psicopedagogista francese contemporanea, parlando del movimento e della danza.

Il mio lavoro, come medico, mi trova pienamente d’accordo.

Non si può iniziare un percorso di cura se non si è disposti a cercare l’origine nei nostri disagi.

La cura è ricerca e il risultato non è una formula fissa. non esiste un toccasana, esistono delle possibilità a cui possiamo attingere ma che funzionano nella misura in cui possono essere integrate nel nostro percorso di vita.

Quando ci si pone di fronte alla malattia con un atteggiamento di rinuncia, con l’impressione di avere a che fare con qualcosa che ci è “sfortunatamente accaduto” non si hanno gli strumenti per comprenderne veramente l’essenza. La malattia è l’espressione di noi stessi, parla di noi al mondo esattamente come il nostro sorriso o i nostri silenzi.

Il suo valore simbolico è fondamentale ma non è meno importante saper ripercorrere le strade che l’organismo ha attraversato.

La patologia è un momento culminante, è l’espressione dell’incapacità del nostro corpo di trovare una nuova forma di equilibrio senza sintomi.

Come in un film, però, il senso non è nella scena, per quanto intensa o drammatica essa sia, ma nella sequenza.

Sintomi, da soli, non hanno alcun significato, essi vanno analizzati nella loro storia per capire gli adattamenti che l’organismo ha saputo effettuare e dove invece non è più riuscito.

Lo squilibrio di oggi è la storia antica del nostro organismo e in questi anni di lavoro ho visto che ogni qualvolta esistono sintomi che tendono a ripetersi nel tempo, anche se non ne vediamo le cause, si sta costruendo una patologia.

Lo squilibrio è l’essenza stessa dell’esistenza, vivere significa modificarsi e quindi tendere ad ammalarsi.La vita, però, va spontaneamente verso una risoluzione vantaggiosa quindi si può invecchiare sufficientemente sani.

Il mio percorso professionale mi ha fortunatamente portato a studiare e praticare per anni la medicina cinese e questo ha caratterizzato in modo definitivo l’approccio con il paziente.Questa antica medicina è maestra nell’analisi dell’individuo e soprattutto nell’idea che gli eventi esterni vengano in qualche modo caratterizzati dal nostro modo di essere. E’ come se lo stesso fenomeno, lungi dal ricreare in ognuno la stessa catene di eventi susciti invece delle reazioni che dipendono dalla nostra individualità.
Ho iniziato ad appassionarmi allo studio della forma del corpo considerandolo il nostro vero biglietto da visita. Esso è il risultato della nostra genetica ma si plasma sul mondo esterno, sul clima, sull’alimentazione, sulle emozioni e racconta, in modo inequivocabile, come funzioniamo.

Generalmente si guarda il corpo per vedere se il suo colorito è buono oppure no, se i muscoli sono tonici o flaccidi, quindi se si è malati o sani, ma molto più interessante è guardarlo con gli occhi del divenire. Il movimento è la nostra essenza, tutto scorre, tutto si trasforma e il corpo si modifica con la stessa velocità.

Ho approfondito negli anni lo studio della forma del corpo cercando in esso le tracce delle modificazioni ormonali e quindi, a seguire, di quelle del funzionamento degli organi seguendo la logica della medicina tradizionale cinese ho cercato di suddividere/classificare gli individui in base alla loro forma secondo schemi–tipo semeiologici, lavoro peraltro già fatto in precedenza da Y Rea Hena. Questo mi ha dato molte armi per comprendere le predisposizioni patologiche e quindi per cercare di operare in modo preventivo.

Ma la grande arma terapeutica mi è stata offerta dallo studio dell’alimentazione. Anche in questo caso ho avuto la fortuna di trovare un approccio straordinario, che studia l’individuo ancor prima dell’alimento, che è consapevole che solo il cibo può riparare o prevenire perché è solo attraverso lui che ci si assicura la sopravvivenza.

Ecco allora che studiare il rapporto uomo alimentazione significa studiare il modo in cui l’uomo funziona ma anche come si relaziona in quel preciso momento con la biochimica dell’alimento.

Il cibo appartiene ala nostra vita, alle nostre abitudini, sancisce i momenti felici e compensa quelli dolorosi, si sovrappone alla nostra storia affettiva.

Mantenere un’ alimentazione sbagliata significa crescere un albero su un terreno ostile, al massimo può sopravvivere ma non potrà mai esprimere al massimo le sue potenzialità e la sua bellezza.
Un corpo sano, infatti, è bello. Le sue forma, esili o abbondanti sono armoniose; benessere equivale a bellezza.

Iniziare una cura alimentare significa farsi carico della propria patologia, ritenere che essa ci appartiene e che è possibile modificarla. Significa accettare dei limiti, perché qualcuno decide per noi, ma anche pensare in termini positivi, curarsi non si tratta di escludere soltanto quello che nuoce ma di cercare quello che è utile.

La medicina torna al servizio dell’uomo non al di sopra di lui, lo accompagna e non lo intimorisce.Ma i corpi vanno seguiti da vicino, non si può dare un regime dietoterapeutico e poi controllare cosa accade dopo tempi lunghissimi quali venti, trenta giorni. In questo modo mancano armi di conoscenza e quindi di possibilità di modifica.Il controllo deve avvenire quotidianamente, nel caso di malattie gravi anche più volte al giorno, ed uno strumento facile ed economico è l’esame delle urine.

Il paziente, da solo, controlla le sue urine con degli stick molto precisi e riferisce l’esito. Insieme si cerca di comprendere il significato, nell’ incrocio tra la soggettività dei sintomi e l’oggettività dei dati è possibile farsi un’idea di cosa sta accadendo nel metabolismo di quel paziente e quindi cercare una soluzione nutrizionale capace di interagire positivamente.

Quello che mi ha veramente appassionato di questa metodica è la sua dinamicità e il concetto di relazione.In generale, nella vita, non solo nella Medicina, ho sempre diffidato di soluzioni statiche perché sono di per sé intellettualmente poco convincenti.

Nella malattia è facile e veloce vedere come una soluzione alimentare sbagliata dia un miglioramento o peggioramento della sintomatologia ma lo si può vedere anche quando si lavora nella prevenzione anche se con tempi un po’ più lunghi.

Nell’irregolarità mestruale dell’adolescente il ciclo deve rimettersi in ordine in uno al massimo due mesi altrimenti il trattamento alimentare non è stato giusto.Nella cefalea invece il dolore deve ridursi nelle due-tre ore seguenti l’ assunzione del cibo, in questo modo sono autorizzata a ritenere di aver trovato una soluzione vantaggiosa.

Studiare questo tipo di terapia mi ha aperto importanti orizzonti conoscitivi; ha risottolineato il rapporto inscindibile dell’ uomo con l’ambiente, con le energie esterne e ha aumentato in me la consapevolezza che molte delle nostre malattie sono legate al consumo di alimenti di scarsa qualità.Infatti continuando a monitorizzare i corpi con gli stick urinari si trovano rischiose variazioni di PH simili a quelle che intervengono all’ assunzione di sostanze chimiche.

In medicina si parla poco, a mio avviso, dei pericoli per la salute umana, conseguenti all’introduzione di alimenti manipolati.

Ci sono molte pubblicazioni scientifiche che sottolineano i rischi di coltivare su terreni inquinati da falde acquifere dove si scarica in modo irrazionale, ma ce ne sono altrettante che mettono in guardia dall’ uso degli ormoni per accelerare la crescita, soprattutto degli animali. Possiamo continuare con l’abitudine, in agricoltura, ad utilizzare concimi che migliorano la qualità produttiva creando, però molecole insolubili che restano immagazzinate nei terreni. E ancora fitofarmaci preventivi per evitare malattie, antimicotici per mantenere le scorte, gas per facilitare la maturazione, tutto questo per ogni singolo pomodoro, zucchina o melone che andiamo quotidianamente a consumare.Anche se tutto questo viene fatto in termini di legge ed i residui di sostanze tossiche sono al di sotto dei parametri considerati pericolosi per l’organismo umano, il loro accumulo è necessariamente rischioso per l’ uomo e soprattutto per il bambino.

Da questo la consapevolezza che non si può fare alcun lavoro serio e non si cerca una materia prima di buona qualità.Oggi molte industrie, più le piccole che le grandi, hanno investito su modelli produttivi più responsabili, creando prodotti utili e non nocivi per l’uomo.

Curarsi con l’alimentazione mette in gioco anche la nostra consapevolezza sociale, il nostro senso di giustizia e quindi di sana pretesa.

Intanto che gli organismi di controllo fanno il loro lavoro perché consumare irrazionalmente? Perché non essere cauti con la nostra salute? E’ più facile prevenire che curare.


 
     
 
 
Dott.ssa Anna D'Eugenio, Medico Chirurgo | Laboratorio Alessandrini Viale Giuseppe Mazzini, 33 - 00195 ROMA
Per appuntamento Mar - Mer - Ven 329/6910518 | segreteria@annadeugenio.it

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